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L’odio del Palmerston e di Gladstone verso Ferdinando II Re di Napoli

Nessun regno è perfetto. Naturalmente questo accadeva anche nel regno di Napoli sotto Ferdinando II° di Borbone Due Sicilie, ottimo ed oculato regnante. Il buon bilancio del paese fece si che Francesco Saverio Nitti considerò il Regno come lo Stato più ricco della “peninsula italica” preunitaria. Difatti, il bilancio era di 445,2 milioni di lire nel 1859. Il territorio era completamente autonomo e ricco di: industrie metalmeccaniche, industrie chimice, industria del corallo, industria dei vetri e dei cristalli, produzione conciaria, produzione tessile, saline, cantieri e industrie alimentari che davano da mangiare a coloro che vi lavoravano, senza alcun tipo di sfruttamento, con un sistema fiscale non eccessivamente oneroso e con piccole pensioni che venivano erogate in età avanzata. Il territorio godeva di ospitali, con un sistema sanitario all’avanguardia per l’epoca, di cui tutti potevano godere.

Il primo vaccino venne inventato nel 1821 contro il vaiolo e distribuito a tutti gli abitanti. Vi erano scuole, università prestigiose, conservatori, sale da concerto, teatri, circoli culturali per la parte di popolazione più evoluta e benestante. Il regno godeva altresì di una ferrovia, la Napoli – Portici. Vi erano in preparazione altri tratti ferrati. Gli operai e le loro famiglie avevano un tetto, seppur modesto, sulla testa e non sgobbavano sedici ore al giorno come in Inghilterra, ove donne e bambini al di sopra dei sei anni lavoravano incessantemente e coperti di cenci, non avevano un luogo ove ricoverarsi la notte, né cibo sufficiente per mantenersi in buona salute. La prostituzione era dilagante. Del resto fu proprio in Inghilterra che scoppiò la rivoluzione industriale di cui si occuparono Marx e Engels. La crudeltà degli inglesi era ben nota, basti pensare alle loro colonie sparse per il mondo, ma in special modo bisogna ricordare l’India, ove imposero le loro usanze, la loro cultura, la loro violenza depredando il territorio, profanando templi, rubando ricchezze e impedendo rituali religiosi nel nome di una inesistente democrazia.

Sarebbe stato saggio da parte di Ferdinando l’occuparsi di politica estera e non solo di quella strettamente connessa al proprio territorio. Non fu sufficientemente acuto nel comprendere quanti invidiosi e malpensanti gravitassero intorno al regno, ritenendosi al sicuro dalle intemperie che presto si sarebbero scatenate sul Sud. I suoi principali nemici furono gli inglesi. I ministri di Sua Maestà la Regina Vittoria, Imperatrice di tutte le Indie: Lord Palmerston e Gladstone senza dimenticare Lord Aberdeen e Russel i quali furono i suoi più feroci antagonisti. Questi accusarono Ferdinando, che li definì “pennaruli e paglietta” di ogni possibile ignominia. Si parlò di una inqualificabile miseria dei ceti bassi della gente del Regno. Grave menzogna se paragonata alla situazione irlandese, ove, la gente, per non morire di stenti, era costretta ad emigrare in America. Il Sud non aveva mai conosciuto la piaga dell’emigrazione che conobbe, invece, dopo la colonizzazione da parte dei Piemontesi.

L’odio del Palmerston era legato ad un accadimento personale, da cui trasse più di una ragione per attaccare la monarchia borbonica. Sua nipote Penelope Smyth, sposata morganaticamente a Carlo di Borbone, non venne mai riconosciuta come membro della famiglia da Ferdinando, né tantomeno ricevuta a corte con il titolo di principessa. Questo fu per Palmerston un insulto senza pari. Il suo smisurato orgoglio rimase offeso da giurare odio a Ferdinando ed i suoi successori. Un ‘altra ragione per cui il ministro inglese si irrito insieme al collega Gladstone fu il monopolio delle solfatare siciliane, un chiaro diritto di rapina verso la Sicilia che ne restò orbata dal momento che gli inglesi se ne appropiarono senza alcuno scrupolo, arricchendosi smisuratamente. Non contenti di aver ottenuto ciò che avevano sempre desiderato, giurarono vendetta al Regno di Napoli che gliele aveva appaltate con difficoltà. Ferdinando venne accusato di ogni qualsiasi iniquità. Calunnie si aggiungevano a calunnie. Il Re veniva rappresentato presso le altre corti come un mostro feroce. Tutto questo era in chiara contraddizione con la richiesta dei liberali italiani nel 1831 di offrire la corona d’Italia ad un elemento tanto negativo e pericoloso. Incoerenza della Storia? Se Ferdinando avesse accettato, il corso degli eventi sarebbe stato diverso? Gladstone parlò anche di leggi inique nel Regno. Per quale ragione, se tali leggi erano inique Napoleone III° inviò dei giuristi per studiarle ed infine applicarle nel suo paese quasi per intero? Gladstone scrisse di aver visitato le prigioni borboniche trovandole in situazione disumana.  Ciò non era vero e fu semplicemente un’invenzione costruita dal ministro allo scopo di screditare Ferdinando. Molto tempo dopo Gladstone ritrattò, ammettendo di non avere mai visto le celle dei penitenziari del Sud, senza peraltro scusarsi, ma il danno era fatto.

La demolizione del Regno era cominciata. Disgraziatamente la buona fede di Ferdinando nei confronti dell’Inghilterra non salvaguardò i suoi territori. Non fu previdente nel preparare al comando suo figlio Francesco II al momento della sua prematura dipartita a 49 anni.

Tornando ai prigionieri, basti citare il famoso Settembrini che dimorava nelle prigioni come in un albergo, dopo che la pena di morte venne commutata in pena diversa, per essere infine graziato. Il condannato Settembrini poteva uscire dal carcere e ricevere visite. Era normale lasciarlo visitare la famiglia per rientrare con comodo, intrattenersi con il direttore del carcere con il gioco delle carte e scrivere le sue “ricordanze” -Quale vita amara! Vita non paragonabile a quella che fecero in nostri soldati tradotti dai vincitori sabaudi nelle carceri del Nord in condizione drammatiche per il freddo, la fame e le malattie. Per la storia risorgimentale le giuste carceri per i fratelli del Sud, colpevoli di non aver rinnegato la propria patria, i propri ideali, la propria fede, la propria bandiera e la dinastia.  Gladstone avrebbe dovuto visitare le carceri di Fenestrelle e San Maurizio, l’Isola di Santo Stefano ed altri, dove i soldati di Francesco II° vennero deportati.

Tornando a Ferdinando, egli venne accusato di aver raccolto intorno a se mafia e camorra, cosa assolutamente non vera perché non facente parte della tradizione del Regno. In realtà la malavita venne alimentata dal ministro Liborio Romano e successivamente dai Garibaldini, per alimentare i disordini nella città e fomentare la guerriglia in Napoli.

C’è da chiedersi quale altro sovrano seppe togliere ai feudatari le terre portate via e i demani comunali per darle invece ai contadini affinchè le coltivassero? Ferdinando seppe perdonare spesso e volentieri coloro che lo tradirono e non grati continuavano a tramare contro di lui e successivamente con il giovane Francesco II°. Avrebbe voluto graziare lo stesso Agesilao Milano evitandogli l’impiccagione, ma il Generale Alessandro Nunziante.  all’epoca ancora fedele, non fece giungere in tempo la domanda di grazia.

Molti visitatori stranieri dell’epoca apprezzarono Napoli per tutti i suoi pregi e come luogo di vita piacevolissimo. Madame di Sassenay che visse a lungo e felicemente a Napoli, dichiarò che la vita in questa metropoli non era cara e viverci era estremamente confortevole. La scrittrice Fredika Bremer, antesignana del movimento femminista e scrittrice del famoso romanzo Hertha, parlò di questa capitale come di un ambiente ameno, ove l’indigenza era minore di quella di Parigi e di Londra, dove il cibo non mancava e dove le case, anche le più modeste, erano accoglienti e curate e la popolazione lavorava con serenità. Lo stesso Herman Melville, il famoso scrittore autore di “Moby Dick”, descrisse la città come ricca e gioiosa, pareri questi molto lontani da quelli degli “amici” inglesi.